La masseria

Eugenio Montale scrisse: “Alcuni anni fa l’assistente sociale Giuseppe Bufalari fu inviato con una delicata missione in partibus infidelium: ossia a preparare il tribale agglomerato umano vivente all’ombra di una lontana masseria lucana alle magnifiche sorti della riforma e del progresso. Il Bufalari andò, insegnò, ma molto di più apprese per conto suo: apprese quale profondo contatto con la natura fosse presente in quei sottouomini ligi a superstizioni d’ogni genere e a stregonerie non contraddette dal persistente culto del quasi onnipotente San Rocco. Ora che la masseria non c’è più e su quel luogo è un grande bacino idrico; ora che quei regali miserabili stentano la vita in pianura, forse protetti e assistiti ma privi della magica pelle di capra (la melogna) necessaria alle fatture, lontani dai benefici genii dei loro lari (i “mummacielli”) e privati, insomma, d’ogni per loro comprensibile ragione di vita, il Bufalari in un libro ch’è a mezza via tra il romanzo e il documentario – La masseria – ci racconta quella sua esperienza e scrive mostrando di aver compreso che ogni acquisto dell’uomo, ogni avanzamento del progresso è pagato da equivalenti perdite, anche se queste non appartengono alla sfera dell’economia. Il suo è un libro vivo, brulicante di figure da kermesse, scritto senza ricerche di stile, ma in verità scritto benissimo; un libro che una giuria “progressista” ha premiato, il che fa onore anche a chi ha dato il premio, perché il giovane Bufalari, oggi trentaduenne, rivela un’indipendenza di giudizio non comune tra gli autori engagée“.
21 marzo 1961, «Corriere della Sera»

Categoria:

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Descrizione

Eugenio Montale scrisse: “Alcuni anni fa l’assistente sociale Giuseppe Bufalari fu inviato con una delicata missione in partibus infidelium: ossia a preparare il tribale agglomerato umano vivente all’ombra di una lontana masseria lucana alle magnifiche sorti della riforma e del progresso. Il Bufalari andò, insegnò, ma molto di più apprese per conto suo: apprese quale profondo contatto con la natura fosse presente in quei sottouomini ligi a superstizioni d’ogni genere e a stregonerie non contraddette dal persistente culto del quasi onnipotente San Rocco. Ora che la masseria non c’è più e su quel luogo è un grande bacino idrico; ora che quei regali miserabili stentano la vita in pianura, forse protetti e assistiti ma privi della magica pelle di capra (la melogna) necessaria alle fatture, lontani dai benefici genii dei loro lari (i “mummacielli”) e privati, insomma, d’ogni per loro comprensibile ragione di vita, il Bufalari in un libro ch’è a mezza via tra il romanzo e il documentario – La masseria – ci racconta quella sua esperienza e scrive mostrando di aver compreso che ogni acquisto dell’uomo, ogni avanzamento del progresso è pagato da equivalenti perdite, anche se queste non appartengono alla sfera dell’economia. Il suo è un libro vivo, brulicante di figure da kermesse, scritto senza ricerche di stile, ma in verità scritto benissimo; un libro che una giuria “progressista” ha premiato, il che fa onore anche a chi ha dato il premio, perché il giovane Bufalari, oggi trentaduenne, rivela un’indipendenza di giudizio non comune tra gli autori engagée“.
21 marzo 1961, «Corriere della Sera»

Informazioni aggiuntive

Autore
ISBN

978-88-98983-04-9

pagine

395

anno

2016

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