Gli avventurosi siciliani

Gli avventurosi siciliani è il romanzo in cui le doti di fantasia e la capacità satirica di Nello Sàito si manifestano al meglio. Quando uscì nel 1954, se ne occuparono due critici illustri: Nicolò Gallo e Giuseppe De Robertis, che avevano entrambi già sottolineato l’originalità del suo primo romanzo Maria e i soldati.
L’inizio del libro è avvincente: già si delinea il carattere di Fulvia, la giovane di origine siciliana che la mamma decide di mandare da Milano a Trapani dallo zio Rosario, di cui ha sentito parlare come di un uomo ricco e generoso. La madre dice a Fulvia che lui sta male e desidera vederla: in realtà è un pretesto per farle conoscere il cugino Ninì, a cui vorrebbe darla in sposa. Dopo una certa perplessità, la ragazza affronta il viaggio. La descrizione dei viaggiatori che popolano il treno dà subito l’idea del modo in cui la Sicilia le si preannunzia: “I miei compagni di viaggio erano quasi tutti vestiti di nero. Tutti siciliani, figuriamoci. Ognuno stava per conto suo, compunto, seduto sul limite del sedile; in apparenza niente affatto interessato ad attaccare discorso con il vicino”.

Emergono nei discorsi dei passeggeri i temi cari a Sàito. Si rievoca il personaggio del bandito Giuliano che per uno dei viaggiatori fa rivivere il mito di Carlo Magno: “Hanno tolto i cavalieri e la Sicilia ha inventato i pupi. Sono scomparsi i pupi e i siciliani hanno inventato Giuliano… i siciliani sono un popolo immaginoso al quale piacciono le avventure”. Dice uno dei passeggeri: «La Sicilia è un paese avventuroso, come vi ho detto. Non è mica Milano… crede ancora a Carlo Magno. Il male è che in Sicilia vogliono essere eroici, eroici a qualunque costo».

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Descrizione

Gli avventurosi siciliani è il romanzo in cui le doti di fantasia e la capacità satirica di Nello Sàito si manifestano al meglio. Quando uscì nel 1954, se ne occuparono due critici illustri: Nicolò Gallo e Giuseppe De Robertis, che avevano entrambi già sottolineato l’originalità del suo primo romanzo Maria e i soldati.
L’inizio del libro è avvincente: già si delinea il carattere di Fulvia, la giovane di origine siciliana che la mamma decide di mandare da Milano a Trapani dallo zio Rosario, di cui ha sentito parlare come di un uomo ricco e generoso. La madre dice a Fulvia che lui sta male e desidera vederla: in realtà è un pretesto per farle conoscere il cugino Ninì, a cui vorrebbe darla in sposa. Dopo una certa perplessità, la ragazza affronta il viaggio. La descrizione dei viaggiatori che popolano il treno dà subito l’idea del modo in cui la Sicilia le si preannunzia: “I miei compagni di viaggio erano quasi tutti vestiti di nero. Tutti siciliani, figuriamoci. Ognuno stava per conto suo, compunto, seduto sul limite del sedile; in apparenza niente affatto interessato ad attaccare discorso con il vicino”.

Emergono nei discorsi dei passeggeri i temi cari a Sàito. Si rievoca il personaggio del bandito Giuliano che per uno dei viaggiatori fa rivivere il mito di Carlo Magno: “Hanno tolto i cavalieri e la Sicilia ha inventato i pupi. Sono scomparsi i pupi e i siciliani hanno inventato Giuliano… i siciliani sono un popolo immaginoso al quale piacciono le avventure”. Dice uno dei passeggeri: «La Sicilia è un paese avventuroso, come vi ho detto. Non è mica Milano… crede ancora a Carlo Magno. Il male è che in Sicilia vogliono essere eroici, eroici a qualunque costo».

Informazioni aggiuntive

Autore
ISBN

978-88-89920-37-4

pagine

192

anno

2010

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